Una giornata contro il femminicidio.
Serve?
Non so.Forse sì o forse è solo una microscopica gocciolina destinata a sparire nella aridità del mondo che ovunque rimane maschile.
Le religioni, in particolare le tre grandi religioni monoteistiche, hanno sempre relegato la donna al ruolo di fattrice - nel migliore di casi - oppure di serva o di oggetto di divertimento e sfogo sessuale.
In fondo perchè meravigliarsi? La bibbia è stata scritta da uomini che si erano arrogati il ruolo di creatori di destini e, per poter autenticare quel ruolo, si erano inventati una divinità ispiratrice.
Poi arrivò Cristo - o qualcuno che assomigliava a quello descritto nei vangeli - e sembrò che proponesse una rivalutazione del ruolo femminile. Ma i suoi "interpreti" rimisero subito le cose a posto. E continuano ancora oggi se è vero che perfino il mediatico Francesco I continua a rifiutare l'equiparazione dei ruoli fra l'uomo e la donna nel sacerdozio. E gli integralisti ebraici - gli hasidim tanto per fare un esempio - non sono da meno.
In fondo, questi aspetti deteriori del cattolicesimo e dell'ebraismo sono ben poco cosa se si pensa ai 500 anni di arretratezza che caratterizza le tesi degli integralisti islamici.
Stando ai numeri, al mondo le donne sono almeno cinque per ogni uomo.
Onestamente spero che se ne rendano conto ovunque e decidano di organizzarsi, di armarsi e di mettersi a fare la guerra agli uomini, in particolare a quei bastardi che ancora pensano a loro come semplici oggetti.
Spero davvero che si mettano a fare la guerra - ma una guerra vera - ai padri che danno figlie dodicenni in matrimonio al vecchio influente.
Che si mettano a fare la guerra - violenta, cattiva, feroce - agli uomini che ritengono giusto lapidare l'adultera. A quelli che per legge vietano alle donne di guidare un'auto. A quelli che ritengono disonorevole che una donna appaia su un palcoscenico in teatro. A quelli che ritengono giusto che una donna venga pagata meno di un uomo per lo stesso identico lavoro.
Che si mettano a fare la guerra a tutti gli uomini che, in ogni parte del mondo, in ogni momento della loro vita, continuano a pensare alla donna come ad un essere naturalmente inferiore all'uomo.
Pensieri sparsi e a volte confusi di un motociclista spesso solitario. Scattered thoughts, sometimes confused of a biker often riding alone
martedì 26 novembre 2013
venerdì 5 luglio 2013
Fa male ...
Fa male, molto male, in certi momenti, pensare di fare parte della categoria "uomini".
Perchè sarà pur vero che è una categoria nella quale rientrano i caratteri più diversi ma è pur sempre una categoria che annovera, fra i propri componenti, menti talmente malate da riuscire - per la propria incapacità di essere onesti con se stessi e rinunciare al mito del maschio padrone - a commettere le più impensabili atrocità.
Ieri un TG ci mostrava gli stupri di gruppo nelle manifestazioni in Egitto. Stupri che mirano a dissuadere le donne dal partecipare alle manifestazioni.
I femminicidi sono ormai un evento che viene considerato quasi normale.
E sempre si troverà il prete imbecille, virtualmente a braccetto con il maschilista becero, che proclamerà che "le donne se la vanno a cercare se si vestono in modo così provocante".
Ma perchè, mi chiedo sempre più spesso, non ci sono mai donne che cerchino di stuprare un uomo se questo va in giro seminudo?
Le vittime sono sempre vittime. Non c'è distinzione fra una vittima analfabeta ed una laureata ma un po' più di dolore - appena un poco in più - lo si prova quando un rappresentante della categoria "uomini" calpesta con rabbia, fino a farlo morire, un bel fiore.
E questo, a quei rappresentanti della categoria "uomini" che ancora inseguono l'utopia di una uguaglianza vera, fa male, un male profondo.
Se avete qualche minuto, andate qui:
http:// corrieredibologna.corriere.it/ bologna/notizie/cronaca/2013/ 3-luglio-2013/ violenza-volevi-parole-d-amore- 2221970603613.shtml
Perchè sarà pur vero che è una categoria nella quale rientrano i caratteri più diversi ma è pur sempre una categoria che annovera, fra i propri componenti, menti talmente malate da riuscire - per la propria incapacità di essere onesti con se stessi e rinunciare al mito del maschio padrone - a commettere le più impensabili atrocità.
Ieri un TG ci mostrava gli stupri di gruppo nelle manifestazioni in Egitto. Stupri che mirano a dissuadere le donne dal partecipare alle manifestazioni.
I femminicidi sono ormai un evento che viene considerato quasi normale.
E sempre si troverà il prete imbecille, virtualmente a braccetto con il maschilista becero, che proclamerà che "le donne se la vanno a cercare se si vestono in modo così provocante".
Ma perchè, mi chiedo sempre più spesso, non ci sono mai donne che cerchino di stuprare un uomo se questo va in giro seminudo?
Le vittime sono sempre vittime. Non c'è distinzione fra una vittima analfabeta ed una laureata ma un po' più di dolore - appena un poco in più - lo si prova quando un rappresentante della categoria "uomini" calpesta con rabbia, fino a farlo morire, un bel fiore.
E questo, a quei rappresentanti della categoria "uomini" che ancora inseguono l'utopia di una uguaglianza vera, fa male, un male profondo.
Se avete qualche minuto, andate qui:
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mercoledì 12 giugno 2013
Credere. A cosa? E perchè?
Credere. A cosa? E perché?
Mi è stato chiesto di raccontare
un poco di me stesso o, per lo meno, del mio concetto di religione.
Sono cresciuto in una famiglia
cattolica e, fino alla maggiore età, sembrava impossibile non frequentare la
chiesa. Non so quando ho cominciato ad allontanarmene. Forse è stato un lento
procedere. Di certo non ricordo un momento preciso nel quale ho capito che non
mi riconoscevo più in tanti aspetti del cattolicesimo. Ma nemmeno dell’islamismo
o del giudaismo.
Non amo le religioni perché, tutte,
mi chiedono di spegnere la mia parte razionale per credere in qualcosa
inventato da uomini, trasmesso da altri uomini e interpretato da altri ancora.
Non credo che esista una entità
che, in un imprecisato momento dell’eternità, ha deciso di creare un universo.
E n quell’universo ha deciso di mettere la terra. E su quella terra di mettere
un uomo e una donna da cui poi far discendere l’umanità intera.
Tanto per cominciare considero
questa idea la dimostrazione della presunzione umana. L’arroganza di pensare
che solo noi siamo gli eletti degni di essere stati creati e posti al centro
dell’universo. E, per aggiunta, creati a immagine e somiglianza di Dio. Mi
guardo intorno, guardo la TV, leggo le
cronache dal mondo intero e mi dico che i casi sono due: o Dio si è distratto
durante la creazione e non gli siamo venuti proprio bene, oppure, se davvero
siamo la sua immagine, allora preferisco pensare che Lui non esista.
La mia idea della religione? Uomini
dotati di una notevole fantasia ma, soprattutto, uomini desiderosi di avere un
poter immenso su masse di loro simili, hanno capito che il debole aveva bisogno
di qualcosa di soprannaturale in cui credere per potere resistere alla
tentazione di arrendersi e rinunciare a vivere. Hanno costruito questo bel
castello di fantasie su un essere onnipotente e onnisciente e hanno convinto le
masse a credere che, solo attraverso la fede in Lui, si sarebbero potute
sollevare dalla loro triste condizione.
Però DOPO questa vita.
Comodo.
Ci sono momenti in cui,
onestamente, invidio chi possiede una fede profonda. Lo invidio perché, davanti
alle avversità e alle cattiverie atroci del destino, ha un aiuto in più che lo
sostiene.
Io non ci riesco. Io non riesco
ad accettare le ingiustizie della vita come prova d’esame per un aldilà nel
quale non credo. Non riesco ad accettare gli sgambetti della sorte in cambio di
una beatificazione nel giorno del giudizio universale.
Della religione, di quella che mi
è stata insegnata a catechismo da bambino, accetto solo un suggerimento: “non
fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. Il vangelo mi dice
che lo ha detto Gesù. Bene, se potessi averlo davanti gli chiederei perché non
ha limitato il suo insegnamento a quella frase ma modificandola solo un poco. Perché
non ha limitato il suo insegnamento ad una frase che dicesse: “FAI agli altri
quello che vorresti fosse fatto a te”.
I dieci comandamenti, per la
maggior parte sono solo divieti. Ho sempre pensato che vietare è facile come
distruggere. Proporre e costruire è un po’ più difficile.
Per fortuna esiste qualcuno che, all'interno della fede, ci riesce. Preti di strada, volontari che lasciano tutto per aiutare i diseredati, umini e donne che dedicano tutto il tempo che possono ad alleviare le sofferenze altrui. Peccato che, troppo spesso, i "sommi sacerdoti" non sentano la necessità di imitarli.
venerdì 1 marzo 2013
Insofferenza
Invecchiando, probabilmente ci si incarognisce. La saggezza viene con l'età? Non so, non mi pare il mio caso. A me sembra di diventare sempre più insofferente. E negli ultimi tempi ci sono persone ed espressioni che proprio non riesco a sopportare. Fra le persone, al primo posto ci sono le donne che ammirano Berlusconi. Possibile che non abbiano un minimo di dignità, queste donne? Possibile che davvero si sentano compiaciute delle battute a sfondo sessista di questo vecchio in piena tempesta ormonale manco fosse un adolescente. Possibile che riconoscano dignità alle giovani che si prostituiscono per farlo sentire ancora un tombeur de femmes? Mi sembra assurdo ma evidentemente il mio concetto del rispetto che si deve alle donne è particolarmente diverso da quello di queste ammiratrici del vecchio satiro.
Fra le espressioni che proprio mi sono diventate insopportabili c'è : "Io non sono nè di destra nè di sinistra". Che significa? Dimmi, tu che ti senti equidistante, sei per la privatizzazione totale o per lo stato sociale? Sei per il giusto rapporto lavoro/compenso oppure pensi che sia giusto che un abile manovratore, frequentatore delle persone "giuste" guadagni anche mille volte in più rispetto a chi si spezza la schiena ogni giorno? Sei per una scuola statale efficiente o per il privilegio di una istruzione per pochi eletti? Sei per una vita dignitosa anche per coloro che hanno poco o niente oppure per il menefreghismo totale nei loro confronti? Non essere di destra nè di sinistra significa aver solo paura di pronunciarsi, di prendere posizione, di avere una propria idea di stato. In parole povere significa rinunciare a pensare con la propria testa.
Fra le espressioni che proprio mi sono diventate insopportabili c'è : "Io non sono nè di destra nè di sinistra". Che significa? Dimmi, tu che ti senti equidistante, sei per la privatizzazione totale o per lo stato sociale? Sei per il giusto rapporto lavoro/compenso oppure pensi che sia giusto che un abile manovratore, frequentatore delle persone "giuste" guadagni anche mille volte in più rispetto a chi si spezza la schiena ogni giorno? Sei per una scuola statale efficiente o per il privilegio di una istruzione per pochi eletti? Sei per una vita dignitosa anche per coloro che hanno poco o niente oppure per il menefreghismo totale nei loro confronti? Non essere di destra nè di sinistra significa aver solo paura di pronunciarsi, di prendere posizione, di avere una propria idea di stato. In parole povere significa rinunciare a pensare con la propria testa.
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